Cos'è un museo di Storia Naturale
13 agosto 2009
Gualtiero Accornero (autore del sito)





Un museo per avvicinarsi alla natura
In natura è difficile scorgere un animale "selvatico" ed ancor di più fotografarlo. Per esperienza diretta (ved. la parte riguardante le barriere coralline) posso dire che per avere un incontro ravvicinato, per esempio con un dugongo o una manta, le difficoltà sono grandi, anche se la soddisfazione (che solo un amante della natura percepisce) le supera di gran lunga.
Anche solo fotografare in situ un fossile prevede a volte ore di esplorazione e lunghe marce in posti impervi. Tutto ciò implica sacrifici fisici (...e anche economici) che molte persone non sono in grado e/o non sono disposte a sostenere. In un museo tutto questo è a portata di mano e l'osservazione diretta è più coinvolgente di un documentario (dove ad esempio mancano le dimensioni di riferimento ).
Visitare un museo di Storia Naturale è quindi il primo passo per avvicinarsi alla natura in modo serio e corretto. Otre all'osservazione possiamo anche leggere delle notizie e i nomi scientifici esatti degli esemplari esposti.
Vedendo inoltre un gran numero di rocce, fossili, piante e animali appartenenti a tutte le categorie sistematiche si può comprendere e scegliere quale più ci interessa per approfondirne eventualmente l'argomento.
Se poi possediamo una piccola collezione di esemplari naturalistici (minerali, conchiglie o altro) possiamo confrontarla con quelle esposte nel museo per risalire alla determinazione esatta del materiale in nostro possesso. Questa è un'altra funzione di un museo di Storia Naturale: da giovanissimo, grazie a una di questa visite, ho iniziato ad interessarmi alla natura.


Funzione di un museo
Riporto direttamente il testo di una parte dall'opuscolo pubblicitario dagli amici del Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola dove è compare una bella descrizione, molto chiara e sintetica, riguardo questo argomento.

- I Musei di Storia Naturale fondano la loro attività sulle collezioni, nate dalla necessità di documentare e classificare il mondo naturale. Le collezioni sono quindi la risorsa principale di ogni Museo; grazie ad esse i Musei svolgono il loro ruolo nell'ambito di due aree distinte ma strettamente correlate: ricerca e educazione.
- Solo attraverso ricche collezioni si possono effettuare i confronti necessari per dare un nome e collocare in un opportuno sistema di classificazione rocce, piante ed animali, cioè provvedere a quella che è la funzione primaria dei Musei di Storia Naturale.
- Oggi questo lavoro risulta della massima importanza ed urgenza: si è infatti compreso da poco che il numero delle specie di organismi viventi sul nostro pianeta è forse 10 volte maggiore di quello noto alla scienza. Purtroppo molte di esse rischiano di scomparire ancor prima di essere conosciute a causa della distruzione degli ambienti naturali; si rende quindi necessario conoscere la biodiversità della Terra, per far fronte alla grave crisi che oggi attraversa.
- Un'altra funzione fondamentale dei Musei naturalistici è quella di documentare dal punto di vista geografico ed ecologico la realtà geologica, floristica e faunistica del territorio ed i cambiamenti nel tempo (scomparsa o arrivo di specie, aumenti e diminuzioni).
- Anche l'illustrazione dei testi che consentono l'identificazione di flora e fauna sono basati sugli esemplari conservati nei Musei. Le collezioni di oggetti scientifici costituiscono quindi il patrimonio culturale di ogni Museo naturalistico: esse raccontano la storia dell'istituzione, testimoniano l'attività di quanti hanno operato nel Museo e, assieme ai dati di raccolta che accompagnano ogni singolo campione, costituiscono la "banca dati" che permette lo svolgersi di sempre nuove investigazioni scientifiche.



Impariamo a visitare un museo
Prima di visitare un museo sarebbe opportuno acquistare una piccola guida, o navigare nel Web, per attingere alle informazioni necessarie alla visita. Conoscendo quindi la pianta del museo e quali materiali che sono esposti fare il passo successivo è più facile.
Entrando però in un museo di cui non conosciamo nulla, in assenza di una guida, non riusciamo subito a capire cosa guardare e da dove iniziare la nostra visita. Spesso esistono dei cartelli indicatori che mostrano il percorso da seguire: è questo che si deve fare! Precipitarsi verso qualcosa che ci attira visivamente non è un buon approccio. Se mancano i cartelli sarebbe meglio chiedere consiglio a una guida oppure a un inserviente. In caso contrario è opportuno iniziare un percorso del perimetro delle sale in senso orario o antiorario, lasciando per ultime le vetrine centrali.
Ho notato che in molti musei c'è più da leggere che da vedere: secondo il mio modesto parere questo tipo di esposizione è sbagliato, come anche l'esporre troppo materiale (o doppioni dello stesso). Tutte due le situazioni rendono tediosa la visita e poco didattico il contenuto: gli occhi e la mente non ce la fanno a tenere in memoria tutto. Bastano poche cose scritte e chiare, infatti, troppo materiale distrae l'attenzione e l'occhio non si sofferma sulle cose "giuste" da vedere.
Una cosa che non si deve fare in un museo è quella di schiamazzare o parlare a voce alta. Questo per il motivo che ci possono essere persone che studiano e pertanto si reca disturbo: occorre comportarci come fossimo in una biblioteca! La maestosità di certe sale poi porta proprio a un comportamento riservato! Muoversi in modo sconsiderato potrebbe anche essere dannoso nel caso di urto contro una vetrina. Occorre anche avere un certo rispetto verso il materiale esposto che a volte è costituito da resti umani o da pezzi di valore inestimabile.
Tenuto conto di queste cose possiamo ora dedicarci all'osservazione dei reperti esposti.


Perchè tanti animali "impagliati"?
A volte quando un visitatore si trova davanti ad una "banca dati" costituita da molti animali "impagliati" la domanda ricorrente che avanza il visitatore (più spesso quello più giovane) è: "...ma li avete uccisi voi?". E' infatti giustificato pensare che un naturalista li abbia soppressi per poi presentarli in bella mostra in museo. Fortunatamente da tempo non è più così!
Devo infatti ammettere che la vecchia concezione del naturalista raccoglitore e preparatore includeva la caccia. Per studiare un vivente allora non c'era altra soluzione che catturare un esemplare e sopprimerlo.
Ormai con l'avvento della fotografia e sofisticati metodi di studio, questo non è necessario: il compito del naturalista moderno è salvaguardare la natura oltre che lo studiarla.
Anche la collezione di insetti e conchiglie implica per esempio l'uccisione di esseri viventi e infatti simili raccolte vengono severamente regolamentate: i veri naturalisti non sopprimono degli esseri viventi solo per il gusto di collezionarli.
Per eseguire studi anatomici è però necessario avere a disposizione degli animali privi di vita: questi sono ora ottenuti attraverso il filtro dei parchi naturali ove i responsabili consegnano ai vari studiosi animali deceduti di morte naturale recuperati o quelli che sono stati abbattuti in quanto malati o irrimediabilmente feriti.


Conservazione degli esemplari
Terminati gli eventuali studi anatomici il naturalista, se ritenuto necessario, si premura di conservare l'animale in modo che nulla di lui vada perso. Le ossa vanno a comporre lo scheletro, le parti molli possono essere conservate in appositi contenitori immere il liquidi conservanti, la pelle viene usata per la ricostruzione dell'animale.
Impropriamente si parla di "impagliare" o "imbalsamare" (metodi impiegati dai primi naturalisti dei secoli scorsi), ora esiste la tassidermia (dal greco taxis = disposizione e derma = pelle), tecnica particolare che consente di conservare animali morti mantenendone l'aspetto e le dimensioni naturali.


     

Animali conservati con il metodo della tassidermia. A sx: un manichino per montare uno stambecco (Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola). A dx: uno splendido esemplare di lupo tassidermizzato (Museo di Storia Naturale Don Bosco "di Valsalice", Torino)


Questo metodo è molto diverso dai procedimenti usati in passato: la tecnica, è stata inventata all'inizio del XX secolo dal naturalista americano Carl Akeley (1864-1926). Consiste, dopo aver eseguito accurate misurazioni e osservazioni sulle fattezze dell'esemplare, nello spellare l'animale e ricostruirne l'aspetto montando la pelle su un manichino di materiale particolare (balsa, gesso o resine sintetiche) che ne riproduce la forma.
Un altro metodo di conservazione (normalmente si parla di organismi di piccole dimensioni) è quello di immergere direttamente l'esemplare in speciali liquidi e conservarlo, sotto vetro, riposto in particolari vasetti ermetici.




Esemplari naturalistici sotto vetro. Vasetti con diversi animali e parti anatomiche conservati sotto formaldeide (Collezione zoologica del Museo di Storia Naturale Don Bosco "di Valsalice", Torino)