Federico Sacco: un grande geologo
26 marzo 2003
Gualtiero Accornero (autore del sito)






Un grande geologo
Questo breve scritto è un piccolo contributo utile per conoscere meglio la figura di Federico Sacco nota a tutti i paleontologi dilettanti, specialmente a quelli piemontesi come il sottoscritto, per aver pubblicato l'opera monumentale "I Molluschi dei Terreni Terziarii del Piemonte e della Liguria" che, anche se attualmente superata, è stata una pietra miliare della Paleontologia.
L'immensa monografia fu iniziata nel 1872 dal naturalista torinese Luigi Bellardi e, dopo la sua morte avvenuta nel 1889, continuata e portata a termine da Federico Sacco nel 1904.
Come tutti gli appassionati di paleontologia di quel tempo, si parla del lontano 1972, anche il sottoscritto iniziò classificando lamellibranchi e gasteropodi fossili con l'aiuto di quei volumi.


     
Due pagine da I Molluschi dei Terreni Terziarii del Piemonte e della Liguria, da sx: una copertina (Parte X, settembre 1891 e una tavola (Parte VII, tav. II, settembre 1890)


L'intera opera "Bellardi-Sacco" mi venne messa gentilmente a disposizione da un personaggio straordinario: il prof. Giovanni Charrier del Politecnico di Torino.
Presentatomi da conoscenti, al prof. Charrier avevo chiesto delle informazioni riguardanti dei fossili rinvenuti nei dintorni di Asti. Egli, visto probabilmente in me un giovane mosso da una grande passione per questa materia, mi aveva addirittura messo a disposizione il suo studio nel Politecnico di Torino per studiarli sotto la sua guida!
Infatti il sabato mattina mi recavo in quella stanza delle meraviglie zeppa di fossili e pubblicazioni, per classificare i campioni che raccoglievo nelle uscite su terreno.
Il prof. Charrier, allora già vicino alla pensione, era un personaggio d'altri tempi. Mi raccontava che durante l'ultima guerra si aggirava tra le batterie della contraerea sul Monte dei Capuccini (storica altura sui colli Torinesi lungo il Po) per scambiare con i soldati sigarette con i fossili che questi rinvenivano durante lo scavo delle trincee. I più difficili da ottenere erano i denti dei giganteschi squali miocenici che i militari infilavano nella retina dell'elmetto quale fiero ornamento.
La cosa più interessante è che mi raccontava di Federico Sacco, che conobbe di persona, dicendo che spesso si recava nell'astigiano da solo in treno, poi in carrozza, e si aggirava a piedi tra le colline con lo zaino in spalla alla ricerca di fossili. Quando il Sacco mancò Charrier aveva 28 anni, quindi era probabilmente stato un suo professore durante i corsi univesitari.





Il prof. Federico Sacco con alcuni menbri della famiglia.


Per me giovane, appassionato di paleontologia, quel personaggio divenne allora un mito ed un esempio.
Quando qualche tempo fa un amico, sapendo della mia passione per la geologia, mi diede dei ritagli di una rivista in cui comparivano delle foto di Federico Sacco ed una breve biografia gli fui molto riconoscente.
Dell'articolo in questione, scritto da Carlo Balbiano D'Aramengo (primo socio onorario della Società Speleologica Italiana), non conosco la provenienza in quanto i ritagli non permettono di identificarne la fonte. Comunque ho scansionato due immagini che ho ritenuto più significative del volto del grande geologo piemontese.



Una breve biografia
Federico Sacco nacque a Fossano (Cuneo) il 5 febbraio 1864, da famiglia agiata. Già da giovanissimo viene affascinato dall'immagine del Monviso che domina le Alpi. Presto si appassiona alla geologia ed in genere alle scienze naturali. Amava citare la frase di Virgilio: "Felix qui potuit rerum cognoscere causas".


Fu socio dell'Accademia dei Lincei e dell'Accademia delle Scienze di Torino. Fu professore incaricato di paleontologia ed ordinario di geologia presso il Politecnico di Torino e presidente del Comitato Glaciologico Italiano.
Oltre alla già citata opera sui fossili del terziario piemontese, scrisse varie monografie, sui ghiacciai del Monte Bianco, del Monte Rosa, del Cervino e del Gran Paradiso.
Stilò circa seicento opere di argomento geomorfologico e stratigrafico con osservazioni paleontologiche e studiò gli anfiteatri morenici di Ivrea, di Rivoli e del Lago Maggiore. Era anche un grande appassionato di speologia e spesso esplorava grotte sia da solo che in compagnia di amici naturalisti.
Oltre all'insegnamento, era oberato da una moltitudine di incarichi scientifici tra i quali si ricorda presidenza del CAI di cui fu anche socio attivo per tutta la vita e la fondazione di un circolo, chiamato "Urania", dove i soci si riunivano per parlare di scienze naturali.
Il suo animo era quello di un romantico (seguì studi classici) che coltivava tutte le scienze della natura, con special riguardo alla speologia. Fu degno continuatore della gloriosa tradizione degli scienziati alpinisti quali ad esempio Sella, Gastaldi e Baretti.

Il prof. Sacco con la moglie a Bardonecchia.

Sul Bollettino dello stesso Comitato Glaciologico Italiano venne così ricordato: "Nessun altro come Sacco compì tanta opera nel campo della glaciologia e con tanto appassionato fervore: da tutta l'opera del grande Maestro traspare il fascino che su di lui esercitarono i grandi spettacoli della natura".
Muore a Torino il 2 ottobre 1948 all'età di 84 anni.



Copertina della pubblicazione.
Un fortunato acquisto

Qualche anno fa ho avuto la fortuna di acquistare in una libreria scientifica il volumetto "Il Glacialismo nell'Appennino", del 1941, estratto da L'Universo rivista dell'Istituto Geografico Militare, con dedica e firma autografa dell'autore.
A fianco ho scannerizzato la copertina dove in alto a destra, compare la firma del prof. Sacco con la dedica alla Biblioteca del Comitato Glaciologico Italiano eseguita di pugno dall'autore stesso.
Il volume risulta molto interessante: è in sintesi il risultato di decenni di ricerche sui fenomeni glaciali dell'Appennino e presenta una bibliografia di oltre 300 lavori.
In basso ho riportato anche l'ingrandimento della dedica con la firma autografa.



Particolare della firma autografa con dedica al Comitato Glaciologoco Italiano.